IN CHE CONSISTE L' UMILTA'?
Come
possiamo attingere a questa grande virtù che a volte ci sembra cosi difficile
da praticare? Anche se vediamo nei santi che la descrivono in maniera da poterla
praticarla in un atteggiamento più o meno facile, ma ardua ai nostri occhi?
Vediamo come ne parlano alcuni santi.
Percorriamo
in maniera sintetica come la descrivono alcuni santi e come si distingue la
vera umiltà di cuore, e l’umiltà della vanagloria.
Partiamo dai cinque gradi di umiltà di san Francesco di Sales:
Ä Il Primo Grado Dell’umiltà è:
la
conoscenza di sé: che consiste nel conoscere le nostre povertà e miserie, ma non solo
conoscerle ma anche riconoscerle c’è differenza fra queste, e cosa da poca
fermarsi a conoscere solamente.
Ä Secondo Grado è proprio:
il
riconoscere che significa dire e manifestare pubblicamente, ma va fatto sinceramente, non
solo a parole, come si usa fare, a volte si ci comporta da falsi umili mentre
si e gratificati quando ci lodano anche se lo neghiamo apparentemente.
Ä Il Terzo Grado è:
di ammettere e
confessare la nostra pochezza e obbiezione quando lo scoprono gli altri:
cioè che diciamo con convinzione che siamo un buon a nulla, ma se c’è lo dicono
la prendiamo a male, invece, lì dobbiamo dare ragione per essere un buon grado.
Ä Il Quarto Grado è:
amare
il disprezzo e rallegrarsi quando veniamo abbassati e umiliati: dobbiamo essere convinti di
questo e contenti, bisogna accettare queste regole per poter vivere anche più liberi e distaccati dal raggiungimento dei primi posti.
Ä Il Quinto Grado:
è il
più perfetto, ed il più alto grado di umiltà, non soltanto amare il
disprezzo, ma desiderarlo, cercarlo e compiacersi per amore di Dio, e sono
beati quelli che arrivano a questo livello.
Vediamo adesso brevemente come alcuni santi come un padre del deserto DORETEO dI GAZA distingue le
varie forme che ci possono essere dell’umiltà:
Dice Doroteo: due sono i tipi di umiltà,
come anche due sono quelli della superbia.
Il primo genere di superbia è:
quando uno disprezzo e rende un nulla il fratello, e
si ritiene superiore ad essi. Qui c’è il pericolo che sé non vigila subito su
se stesso, succede che i suoi successi li reputa a se stesso ed esclude Dio,
cosi giunge al secondo genere di superbia che si insuperbisce
contro Dio.
Poi c’è una "superbia mondana
e una monastica".
La prima è: quando si insuperbisce contro il
fratello per le sue qualità o virtù;
La seconda quella monastica è: quella vanagloria
per quei sacrifici che fa come il digiuno o le veglie.
Accade pure che ci si umili per la gloria.
Dice Doroteo che se vogliamo essere superbi siamo
superbi per le cose monastiche e non mondane.
Vediamo le due
specie di umiltà:
La prima consiste: nel
considerare il proprio fratello più intelligente di noi stessi;
La seconda è: di
ascrivere tutti i successi a Dio.
Questa è l’ umiltà perfetta dei santi che nasce
naturalmente dal cuore nel praticare i comandamenti che ci ha lasciati Gesù per poterlo seguire con libertà di cuore.
Chiaramente
dopo che Doroteo che ci ha illuminati sulle varie specie di umiltà ci avviniamo
a comprenderla che cos’è questa umiltà e ci serviamo di un altro grande padre
del deserto GIOVANNI CLIMACO, nella sua opera
intitolata “LA SCALA”, Giovanni dice che chi lo vorrebbe spiegarlo a parole
sembrerebbe difficile perché l’argomento e di grande intensità, quando alcuni
di loro si radunarono per parlare su cosa vorrebbe dire umiltà ogni uno disse
la sua, ma Giovanni non era soddisfatto delle risposte e cosi formulo la
seguente definizione:
“L’umiltà è una grazia che si riceve nell’anima e di
cui nessuno conosce il nome se non coloro che ne hanno fatto esperienza”; è il
nome di Dio che e un suo dono: imparate da me - dice infatti-
non da un angelo né da un uomo, cioè da me dalla mia inabitazione dalla mia
illuminazione e la mia energia presenti dentro di voi, poiché sono mite
e umile di cuore, di pensiero e di spirito, e troverete ristoro dalle
lotte e dai pensieri, per le vostre anime.
Arriviamo alla conclusione e vediamo l’importanza
dell’umiltà e ci facciamo aiutare dai santi francescani da P. Kolbe, che la descrive come fondamento
necessario per ogni virtù, non si stancherà mai p. Kolbe di dire che
l’umiltà sta alla base del progresso spirituale, nella lettera ai confratelli
del Mungenzai no Sono dice: “Solo conoscendo meglio noi stessi, il nostro
niente, e le nostre debolezze, possiamo disprezzare realmente noi
stessi e desiderare che gli altri ci trattino come meritiamo”.
PER P.
KOLBE l’umiltà e la conoscenza di noi stessi, più ci
rendiamo conto di quel che siamo, non che ci dobbiamo buttare ma rivolgere lo
sguardo di gratitudine a Dio per tutto ciò che operiamo, per non dire l’esempio
mirabile di frate Francesco che
dell’umiltà ne fa uno stile di vita, infatti quanto dice che e il più vile di
tutti ed il più piccolo di tutti, non lo dice per vanagloria ma lo dice
convinto che veramente si sente piccolo, Francesco dice una grande verità, “l’uomo
tanto vale davanti a Dio e niente più”, ecco i santi che più ci si
avvicinano a Dio più ci si sentono indegni e peccatore; l’umiltà si incarna
quando abbassiamo le difese del proprio “Io” e aumentiamo l’amore di Dio, e il
desiderio di non essere nessuno per far regnare Dio nella nostra volontà, e non
la nostra volontà che regna in noi.
Dice san Paolo : << Io
diminuire e lui crescere>>.
Il Signore ti dia pace e gioia!
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